Poniamo il problema
Rom-Uomo: riconoscimento o negazione di quale cultura?
Le tematiche legate alle popolazioni romanès sono, quasi ciclicamente, molto dibattute. Esse accendono gli animi, portano con sé polemiche e paure. Sollevano conflitti "razziali", in un presente che richiama per molti aspetti un passato nefasto.
I rom, esclusi dalla società, sono esclusi anche dalla storia, una storia che li ha visti perseguitati come delinquenti senza delitto, e proprio per questa condizione, svuotati di ogni capacità di reazione e di ribellione. Un popolo che ha scelto di difendersi scegliendo spesso di rendersi invisibile nel silenzio, di resistere davanti ad una perdita di cultura e di identità che sembra diventata ormai inesorabile.
Rom e sinti non sono riconosciuti come minoranza nazionale e linguistica, sono destinatari di politiche segregazioniste in materia di alloggio, attraverso provvedimenti locali che negano la residenza o che collocano i campi fuori dalle aree popolate; affrontano un difficile inserimento nel sistema scolastico, che presenta alti tassi di abbandono
Molta confusione si verifica anche in merito alle denominazioni che si utilizzano per definirli, spesso sono espressioni generiche, inesatte o molto riduttive, rispetto ad una realtà complessa ed articolata. I membri di queste popolazioni sono spesso stati definiti "Zingari", "Tzigani", "Gitani", "Bohémiens", tutti nomi che veicolano antichi stereotipi. Dal termine Atsinganos, con cui si designava in Grecia una setta eretica proveniente dall'Asia Minore, derivano i nomi "Zingari", in Italia, "Zigeuner", in Germania, "Tsiganes", in Francia. Altri gruppi vennero chiamati Egiziani; alcune regioni della Grecia da loro frequentate erano infatti denominate "Piccolo Egitto", per la fertilità della terra. Da qui "Gitani", "Gypsies", "Gitanos". A queste si aggiungono anche altre espressioni peggiorative e stigmatizzanti, relative allo stato di vagabondi ed erranti, e al loro modo di vita, come per esempio "Vagantes", "Vagabunden", "Nomadi", "Itinérants", spesso usate dalle amministrazioni locali.
I rom e i sinti non sono soliti usare questi termini per definirsi, se non nel caso in cui si rapportino con dei "non-Zingari", da cui li hanno appresi. Essi hanno altri modi per riconoscere la loro appartenenza: Rom, Sinti, Manouche, Kalé, Romanichals, ognuno dei quali fa riferimento solo al proprio gruppo senza riconoscere un insieme comune. Per questo motivo risulta essere molto difficile offrire una visione globale della società romanì che corrisponda a quella che hanno i suoi membri. Ogni gruppo però designa in modo molto preciso i sottogruppi che lo compongono, considerando gli altri come categoria generica; tutti quelli che non appartengono al gruppo, ad esempio, sono chiamati "gagi", l'ampia categoria dei "non- Zingari", gli "stranieri", che determina il primo confine tra il mondo "proprio" e quello esterno.
Questi sono solo alcuni esempi della complessa articolazione che forma la società romanì e credo che la consapevolezza di tale complessità possa aiutarci a superare la banalità e la superficialità con cui spesso trattiamo questa cultura e chi si riconosce in essa.
Un discorso a parte merita l'ormai tanto diffusa denominazione di "nomade", che trova posto accanto alle espressioni quali "di colore" o "extracomunitario", che ci vengono in aiuto quando si vuole assumere un atteggiamento meno discriminatorio e più democratico e politically correct nei confronti di una realtà o di alcuni soggetti che non si sa come chiamare.
Viene definito nomade chi da generazioni vive stabilmente in case o appartamenti, come nel caso di molti Rom della ex-Jugoslavia, che nella condizione di profughi sono costretti a vivere per anni in roulotte. Al contrario, molti gruppi di tradizione nomade, come i Sinti Giostrai, hanno una residenza fissa, nelle aree attrezzate per la sosta, che può durare anche tutta la vita.
L'espressione "campo nomadi", dove campo ha una connotazione di stabilità forzata e nomadi quella di libertà di viaggiatori senza fissa dimora, è un esempio delle contraddizioni e della confusione con cui la società affronta le problematiche che coinvolgono le popolazioni dei Rom e dei Sinti.
Parlare di Rom significa anche parlare di diritti, diritti negati, di sicurezza e quindi anche di città, proprio per il loro essere collocati ai margini, fuori, oltre quei luoghi in cui si vivono le relazioni, le decisioni, la vita.
Da un lato, la città come polis, come realtà storica, realtà fisica nella quale si abita, polis significava anche "reticolo", "rete", come sistema di relazioni che va oltre il concetto di città come luogo in cui bisogna mantenere l'ordine, necessità che sembra prevalere. Dall'altro una città fatta di luoghi che respingono, che precludono, in cui si escludono costantemente categorie di persone che non trovano una loro collocazione, per quelle minoranze che è come se fossero in più, persone superflue, non collocabili, non impiegabili in alcun tipo di lavoro. ()
L'emarginazione nei confronti di chi si trova al gradino più basso della scala sociale e del processo produttivo e di chi ha sviluppato valori, relazioni e visioni del mondo che non sono quelli della maggioranza non porta solo alla negazione del diritto all'autonomia e all'autoaffermazione tramite il lavoro, le risorse economiche e l'accesso ai beni comuni, necessari per accedere alla cittadinanza, ma soprattutto alla negazione della possibilità di scelta e alla libertà che occorrono ad ogni individuo per costruire la propria identità, personale e sociale.
Roberto Escobar in Metamorfosi della paura scrive: "In Europa, milioni di donne e di uomini fanno pagare ad altri uomini e altre donne il prezzo di una paura che vive sui confini…L'Europa s'avverte come una Città assediata, violentata da una migrazione epocale, da un'invasione barbarica. Ce ne viene così un innalzamento del pregiudizio, una riemersione inquietante dei meccanismi più arcaici, tra quelli che fondano e nutrono il sentimento d'identità dei gruppi e dei singoli in essi." ()
E' questo pregiudizio che esercitiamo nei confronti di chi consideriamo e abbiamo collocato fuori da questo confine, che ci dà sicurezza, che limita la nostra precarietà e rinforza il nostro bisogno di ordine. È difficile conoscere e comprendere la cultura romanì, poiché ciò implica che si mettano in discussione stereotipi e pregiudizi che ormai si sono radicati nella mentalità comune.
La paura dell'altro, del "diverso", si trasforma in ordine e sicurezza, che vogliamo ottenere e mantenere attraverso meccanismi crudeli che semplificano l'eccessiva e spesso non gradita complessità del mondo. Ci serviamo infatti di semplificazioni che gettano la nostra paura fuori dai nostri confini (pensiamo a dove sono collocati i cosiddetti "campi nomadi") ai margini, consentendoci di localizzare fuori il nemico, lo straniero che diventa il capro espiatorio,
Forse i cosiddetti zingari sono per noi i nemici principali, per il fatto di non avere patria, di attraversare territori di frontiera, passare attraverso gli Stati. Li percepiamo come invasori anche quando le migrazioni sono dovute non ad un folkloristico e romantico girovagare, ma a persecuzioni, fughe da guerre, etc. Spesso sono i perseguitati che noi scambiamo per invasori, ignorando che i persecutori siamo noi.
Sembra che più tentiamo di erigere muri, più si insinua il pericolo della diversità, e quando ci accorgiamo che l'"altro" ha già varcato la porta ed è tra noi, allora dobbiamo rendere i nostri pensieri più radicali, più duri. Forse, come sostiene Escobar: "Quanto più una civiltà si chiude, quanto più si difende, tanto meno ha da difendere. I barbari veri non vengono da fuori: sono dentro di noi da sempre" ().
L'altro, lo straniero, il diverso diventa la nostra immagine allo specchio.
La distinzione tra un "dentro" e un "fuori" e la contrapposizione fra "cittadino" e "straniero" ci danno la possibilità di vedere nel "disordine" di quest'ultimo il nostro "ordine", nella sua "disumanità" la nostra "umanità", nella sua "illegalità" la nostra "osservanza delle leggi", il nostro essere tutti d'accordo. Questa semplificazione ci rende più coesi, in un processo di semplificazione che ci rende più uniti, trasferendo i problemi sull'alterità.
Ed è proprio questa alterità che diventa un insieme omogeneo di individui ai quali attribuiamo le stesse caratteristiche: "delinquenti", "sporchi", "violenti", "ladri". In questa omogeneità si nasconde l'invisibilità delle culture e delle diverse identità non riconosciute. Sotto la denominazione di Rom, o nella definizione di "nomade", chi c'è? Ci sono i Rom rumeni, di recente immigrazione, i Rom italiani, quelli che non sono mai stati nomadi, quelli che sono nomadi stagionali per motivi lavorativi, i gruppi provenienti dai Balcani a seguito della guerra in Bosnia, quelli che non hanno mai vissuto in una roulotte, etc.
Spesso confondiamo l'espressione profonda di un disagio o della disperazione, che nasce da una condizione di degrado e di povertà, con l'espressione di una cultura. Gli "Zingari", fantasmi che incarnano ogni brutto sogno delle città impaurite, sempre più spesso si nascondono, quasi per voler resistere ad una lenta agonia "culturale" o per avere anche una minima possibilità di integrazione.
Abbiamo davanti a noi solo due direzioni: la prima è quella di riconoscere la cultura, l'identità che sta dietro alle minoranze. Ciò vuol dire dare loro la possibilità di esprimerla, finanziare e sostenere la loro possibilità di esprimere e di vivere una cultura; la seconda va verso un lento processo di inclusione che passa attraverso l'assimilazione. Purtroppo, si corre il rischio di riaprire anche la strada del razzismo, una trappola sociale, una risposta inadeguata ad una paura che può essere reale, ma che non possiamo ricondurre al concetto, inesistente, di "razza naturale".
L'impressione che si ha, in questo momento è che le minoranze si trovino in una situazione forzatamente stretta tra esclusione e assimilazione: conservare le proprie abitudini di vita e accettare la progressiva ghettizzazione, o rinunciare agli aspetti più significativi della propria cultura. Il conflitto vissuto da molti gruppi rom, così come da altre minoranze, è tra un futuro che è solo un immediato domani e che non offre opportunità, e un passato che è nostalgia ma in cui non ci si può riconoscere.
Prof. Federica Zanetti , ricercatrice presso l'università di Bologna in Didattica e Pedagogia
STEP 2 Lo straniero presso gli Ebrei
1) Il contesto dell'Antico Testamento
a) Dal 1200 circa a.C .il popolo ebraico vive in Palestina.
Più che uno Stato, è una terra di grande passaggio, di transito, quasi un corridoio caratterizzato da spostamenti di popoli per il commercio e la guerra, tra l’Egitto e i grandi regni dell’Eritrea ( Babilonia e Assiria). L’esperienza dello Straniero è quotidiana.
b) Israele ha vissuto l’esperienza dell’emigrazione e dell' esilo per 20 generazioni (400
anni). Un gran numero dopo la Ia distruzione di Gerusalemme (586 a.C.) è deportato
schiavo di Babilonia
2) Il lessico
In ebraico vengono usati 3 termini per indicare lo straniero:
1. Z A R - Lo straniero lontano, l’estraneo, il diverso.
2. N O K R I - Lo straniero di passaggio ( non residente, irregolare o clandestino )
3. G H E R ( o T O S H A V ) – Lo straniero residente inserito nel tessuto sociale.
3) I Testi
a) Isaia 1,7 “ Il nostro paese è devastato, le vostre città sono bruciate dal fuoco, il vostro raccolto, sotto i vostri occhi, è divorato dagli stranieri”.
b) Deuteronomio 14,21 “ Non mangerete alcuna bestia morta naturalmente: la darete al forestiero residente o la venderete a qualche straniero perché siete un popolo consacrato al Signore…”
c) Esodo 22,20 “ Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché, voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto”.
d) Deuteronomio10,18-19 “ Il Signore rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama lo straniero, gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero”
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STEP 3 Lo straniero in Cina
Rimanendo nell'ambito delle spie linguistiche che definiscono i temi dell'alterità, ma cambiando completamente popolo e lingua, possiamo considerare, ad esempio, un grande paese come la Cina. Non sono un sinologo, ma mi risulta che nella lingua cinese non ci sia una parola per dire 'straniero', cioè non esiste un termine per significare 'quelli che non sono cinesi'. Questo non significa che quei polpoli non conoscessero l'esperienza culturale della differenziazione dagli stranieri. Anzi. Nella loro lingua poi, scelsero di designare I non cinesi con un ideogramma che significa “ semplicità, neutralità” ( ci) e di contrapporgli, pre designare I cinesi, l'ideogramma che significa “ cultura” ( wen) In ogni caso non hanno mai creato un termine che assomigli, per esempio, al greco barbaros
Remo Ceserani: Lo staniero Bari, Laterza
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Remo Ceserani: Lo staniero Bari, Laterza
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Step 4 Lo staniero nella Grecia antica
UNA SERIE DI TESTI
Essere stranieri in Grecia
A) «l’essere Greci (tò Hellenikón), la comunanza di sangue e di lingua, i santuari e i sacrifici comuni, gli usi e costumi simili: tradire tutto ciò sarebbe disdicevole per gli Ateniesi».
Erodoto Storie
B) «Ma per prima cosa comincerò dagli antenati… Restando sempre i medesimi abitatori di questa terra, in un seguito ininterrotto di generazioni, grazie al loro valore, la tramandarono libera (eleuthera) fino ai nostri giorni».
Epitaffio di Pericle
C) I Greci sono coloro che «di nessun mortale sono chiamati servi né sudditi». Eschilo Persiani
D) “ Nefando, innominabile crimine, al di là di ogni stupore, empio, intollerabile. Dov’è la la giustizia degli ospiti?”. […] l’essere “ostili nei confronti dello straniero è un innominabile crimine”
Euripide Ecuba
Eracle, giunto da Admeto che lo aveva invitato, essendo venuto a sapere della morte della d lui moglie Alcesti, manifesta con fermezza la sua intenzione di non trattenersi presso quella casa, visto che “per chi è in lutto la presenza di un ospite è importuna”. Per parte sua, Admeto dichiara di considerare una “vera disgrazia” (v. 539) l’ipotesi che Eracle possa cercare ospitalità altrove. Onde scongiurare un simile evento, egli impartisce alcune disposizioni: “che egli sia accompagnato e a lui siano date stanze appartate; i servi preparino cibo in quantità. Chiudete le porte che danno sul cortile. Non è conveniente che i banchettanti odano i lamenti, perché gli ospiti non devono essere afflitti”.
Euripide Alcesti
E) Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un prodotto naturale e che l’uomo per natura è un essere socievole: quindi chi vive fuori della comunità statale per natura e non per qualche caso o è superiore all’uomo…e di conseguenza è o bestia o dio. Aristotele Politica, 1252 b-1253 a
F) In mille case ( Zeus e Mercurio) si accostarono, con la richiesta di un luogo per riposare, mille catenacci chiusero le case. Tuttavia una li accolse, seppur piccola e ricoperta da stoppie e canne palustri. Ma la pia vecchia Bauci e Filemone di pari età si erano uniti negli anni giovanili ed erano invecchiati insieme in quella casa; non cercando di nascondere la povertà e sopportandola serenamente la resero accettabile. E non importa che tu cerchi dove siano i servi o i padroni in quella dimora: tutta la casa sono loro due, sono loro stessi ad obbedire e comandare.
Dunque, quand'ebbero toccato gli dei la piccola casa e, chinato il capo, passarono per la piccola porta, il vecchio li invitò a riposare le membra, dopo aver porto una panca, sopra la quale la premurosa Bauci gettò un rozzo tessuto. Poi smosse la cenere tiepida sul focolare e ravviva il fuoco del giorno prima, lo alimenta con foglie e corteccia secca e lo fa fiammeggiare col suo fiato di vecchia; portò giù dalla soffitta rami di pino fatti a pezzi e ramaglie secche, li spezzò e li pose sotto un piccolo recipiente di bronzo. E libera dalle foglie un cavolo che suo marito aveva raccolto nell'orto irrigato. Con una forca a due punte stacca una spalla di porco affumicata, che pendeva da una trave annerita, e taglia dalla spalla un tempo messa da parte una fettina, e dopo averla tagliata la mette a cuocere nell'acqua bollente. Intanto ingannano il tempo dell'attesa con discorsi, e impediscono che l'attesa sia avvertita. C'era lì una tinozza di faggio, appesa ad un chiodo per il manico ricurvo: è riempita d'acqua tiepida ed accoglie le membra ( degli dei ) per ristorarle. In mezzo c'è un materasso di morbida ulva, posto su un letto con sponda e piedi di salice. Lo coprono con una coperta, che erano soliti stendere solo nei giorni di festa; ma anche questa coperta era rozza e vecchia, ben adatta al letto di salice. Gli dei vi si accomodarono.
La vecchia prepara la tavola con la veste tirata in su e un po' tremolando. Ma il terzo piede della tavola era diseguale: un coccio lo livellò. E dopo che quello posto sotto il piede eliminò la pendenza pulì la tavola pareggiata la menta fresca.
54 Qui viene posta la bacca bicolore della vergine Minerva ( olive ), corniole autunnali conservate nell'aceto, e cicoria, e un ravanello, una forma di cacio, uova cotte a fuoco lento nella tiepida cenere: tutte queste cose in vasi di terracotta. Dopo questi viene disposto un cratere cesellato del medesimo argento, e coppe fatte di faggio, spalmate di cere bionde dove sono cave. C'è una piccola pausa, ed i focolari mandarono pietanze calde e di nuovo vengono riportati vini di non eccessiva stagionatura, e danno posto alle seconde mense, lasciati per un po' da parte. Ed ecco le noci, ecco i fichi secchi mescolati ai datteri rugosi, le prugne e le mele profumate nei grandi canestri, e le uve raccolte da viti rosseggianti. Nel mezzo c'è un favo candido. Su ogni cosa si aggiunsero i volti sorridenti ed una disponibilità né svogliata né limitata. Nel frattempo vedono che il cratere, ogni volta che è stato svuotato si riempie ed il vino ripullula da sé. Stupiti dalla novità hanno paura, e con le palme rivolte in alto si mettono a pregare Bauci ed il timido Filemone, e chiedono perdono per lo scarso cibo e per non aver preparato nulla. C'era un'unica oca, custode della piccola capanna, che i padroni si preparavano a sacrificare agli dei ospiti. Quella li mette a dura prova, perché è veloce d'ali e loro sono lenti per l'età, e li elude a lungo, ed infine sembrò che si fosse rifugiata proprio dagli dei. Gli dei vietarono che fosse uccisa, e dissero : "Siamo dei, e l'empio vicinato pagherà la giusta punizione. Vi sarà concesso di essere immuni a questo male. Frattanto lasciate la vostra casa, seguite i nostri passi ed andate insieme sulla cima del monte".
Entrambi obbedirono e, appoggiati ai bastoni, si sforzano a procedere per la lunga salita.
85 Erano ormai tanto lontani dalla cima quanto un tiro di freccia: si volsero a guardare e videro tutte le altre case sommerse dalla palude, solo la loro rimase in piedi. E mentre le guardano, mentre compiangono i destini dei loro vicini, quella vecchia casetta, piccola persino per i due padroni, si trasforma in tempio: colonne subentrano ai pali biforcuti, la stoppia del tetto prende riflessi d'oro, e si vede che il tetto è d'oro, le porte cesellate ed il pavimento ricoperto di marmo.
Allora con placido volto il figlio di Saturno proferì queste parole: "Dite quello che desiderate, vecchio onesto e tu, donna degna dell'onesto marito". Dopo aver confabulato poco con Bauci, Filemone rivela agli dei la risposta presa in comune: "Chiediamo di essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio e, poiché siamo vissuti in concordia, il medesimo momento ci porti via entrambi, possa non vedere mai il sepolcro di mia moglie, né io debba essere seppellito dopo di lei". Il compimento segue i voti: furono i custodi del tempio, fino a quando fu data loro la vita. Ormai indeboliti dagli anni e dall'età, mentre per caso si trovavano davanti ai sacri giardini e narravano la storia del luogo, Bauci vide che a Filemone spuntavano delle foglie, ed il più anziano Filemone vide che a Bauci spuntavano foglie. E mentre ormai la cima di un albero avviluppava i volti di entrambi, finchè fu possibile si indirizzavano a vicenda parole: "Addio, coniuge" - dissero insieme, e contemporaneamente il fogliame ricoprì le bocche nascoste.
Ancora oggi in quel luogo la gente frigia mostra due tronchi vicini nati dai due corpi.
Ovidio Filemone e Bauci
Steep 5 I Romani e lo straniero
Steep 1
I Romani usavano diverse parole per indicare lo straniero:
barbarus, barbari (m.): straniero, barbaro
hostis, hostis(m.): straniero, nemico
peregrinus, peregrini (m.): straniero, esotico
Le tre parole connotano diversi momenti del rapporto dei Romani con i popoli stranieri:
il barbarus è lo straniero visto come estraneo alla civiltà latina e greca;
l'hostis è lo straniero visto come nemico;
il peregrinus è lo straniero visto come forestiero, esotico, diverso dal proprio e pertanto privo dei diritti riservati ai cittadini.
Steep 2 BARBARUS, BARBARI
La parola barbarus, -i (m.) deriva dal greco βάρβαρος (bárbaros), che etimologicamente significa "balbuziente ".
per i Greci, infatti, parlare una lingua diversa dal greco significava essere incapaci di parlare. Lo straniero è visto come un inferiore, privo di cultura.
I Latini ereditano la parola bárbaros, attribuendola però non agli stranieri in generale ma alle popolazioni che premevano ai confini dell'impero: i rudi, forti e minacciosi Barbari.
TESTI
A) In un capitolo del De bello Gallico, Cesare evidenzia la pericolosità dei Germani, che troppo spesso sconfinano nella provincia romana:
Paulatim autem Germanos consuescere Rhenum transire et in Galliam magnam eorum multitudinem venire populo Romano periculosum videbat; neque sibi homines feros ac barbaros temperaturos existimabat quin, cum omnem Galliam occupavissent, […], in provinciam exirent atque inde in Italiam contenderent (d.b.G.I, 33)
B) Cesare parlando di Ariovisto ,i re degli Svevi,lo presenta nel modo che segue:
Ariovistum […] superbe et crudeliter imperare, obsides nobilissimi cuiusque liberos poscere et in eos omnia exempla cruciatusque edere, si qua res non ad nutum aut ad voluntatem eius facta sit. Hominem esse barbarum, iracundum, temerarium; non posse eius imperia diutius sustinere [d.b.G. I, 31]
Steep 3 HOSTIS, HOSTIS
La parola hostis, -is (m.) deriva da una radice indoeuropea che ha originato parole in varie lingue; ne è un esempio l'inglese ghost (fantasma, inteso come straniero, appartenente a un mondo altro).
Hostis indica "straniero che porta guerra" e si contrappone a civis, civis (m.), cittadino, concittadino.
Dal sostantivo hostis deriva l'aggettivo hostilis, hostile (ostile), da cui deriva l'italiano "ostile".
TESTI
A) In un drammatico momento del De bello Gallico, Cesare prende personalmente il comando della battaglia
Caesar primo et propter multitudinem hostium et propter eximiam opinionem virtutis proelio supersedere statuit; cotidie tamen equestribus proeliis quid hostis virtute posset et quid nostri auderent periclitabatur.
B) Dopo la presa di Bola, località del Lazio, il comandante Postumio, pur avendo promesso il bottino ai soldati, se ne appropria volgendosi contro di loro.
Deinde ab hostibus in cives certamen vertit et cum inter oppugnationem praedam militis fore edixisset, capto oppido fidem mutavit ( Livio, IV, 49).
C) Nella quarta Philippica, Cicerone definisce hostis "colui contro il quale sono state prese legittimamente le armi": in questo caso, Antonio. Il discorso fu scritto nel tormentato periodo seguito alla morte di Cesare, quando Cicerone si schierò accanto a Ottaviano, scagliandosi contro Antonio.
Hodierno enim die, Quirites, […] fundamenta iacta sunt reliquarum actionum: nam est hostis nondum verbo appellatus sed re iam iudicatus Antonius. Nunc vero multo sum erectior quod vos quoque illum hostem esse tanto consensu tantoque clamore approbavistis. Neque enim, Quirites, fieri potest ut non aut ii sint impii qui contra consulem exercitum comparaverunt, aut ille hostis, contra quem iure arma sumpta sunt (Philippica IV, 1)
D) Nel poema epico De bello Gothico, Claudiano, un poeta della tarda latinità, celebra la vittoria riportata nel 402 contro Alarico, re dei Goti, dal generale vandalo Stilicone, che combatté al servizio prima dell'imperatore Teodosio e poi dei suoi eredi Arcadio, augusto di Oriente, e Onorio, augusto di Occidente.
Aspice, Roma, tuum iam vertice celsior hostem,
aspice, quam rarum referens inglorius agmen
Italia detrusus est quantumque priori
Dissimilis, qui cuncta sibi cesura ruenti
pollicitus patrii numen iuraverat Histri
non nisi calcatis loricam ponere rostris.
O rerum fatique vices!
Hoc quoque, quod veniam leti valuere mereri,
sic positis pendas odiis: ignoscere pulchrum
iam misero poenaeque genus vidisse precantem.
Quae vindicta prior quam cum formido superbos
flectit et assuetum spoliis affligit egestas?
Solleva la fronte, o Roma, guarda il tuo nemico,
guarda come umiliato raduna le disperse schiere
e respinto abbandona l'Italia, così diverso dal suo aspetto di un tempo,
quando deciso a travolgere tutto con l'impeto,
aveva giurato per il dio del Danubio di non deporre le armi
se non nel Foro espugnato.
O vicende degli eventi e del fato!
E anche il fatto che ottennero il condono della morte,
se senza odio lo giudichi, vedi che è bello
essere clemente con chi ormai è miserando,
e che è già un castigo vederlo supplice.
Quale vendetta è migliore di quando il terrore piega i superbi
e il bisogno assilla chi è avvezzo al bottino?
(Trad. di F. Serpa, Rizzoli, Milano, 1981)
I Romani usavano diverse parole per indicare lo straniero:
barbarus, barbari (m.): straniero, barbaro
hostis, hostis(m.): straniero, nemico
peregrinus, peregrini (m.): straniero, esotico
Le tre parole connotano diversi momenti del rapporto dei Romani con i popoli stranieri:
il barbarus è lo straniero visto come estraneo alla civiltà latina e greca;
l'hostis è lo straniero visto come nemico;
il peregrinus è lo straniero visto come forestiero, esotico, diverso dal proprio e pertanto privo dei diritti riservati ai cittadini.
Steep 2 BARBARUS, BARBARI
La parola barbarus, -i (m.) deriva dal greco βάρβαρος (bárbaros), che etimologicamente significa "balbuziente ".
per i Greci, infatti, parlare una lingua diversa dal greco significava essere incapaci di parlare. Lo straniero è visto come un inferiore, privo di cultura.
I Latini ereditano la parola bárbaros, attribuendola però non agli stranieri in generale ma alle popolazioni che premevano ai confini dell'impero: i rudi, forti e minacciosi Barbari.
TESTI
A) In un capitolo del De bello Gallico, Cesare evidenzia la pericolosità dei Germani, che troppo spesso sconfinano nella provincia romana:
Paulatim autem Germanos consuescere Rhenum transire et in Galliam magnam eorum multitudinem venire populo Romano periculosum videbat; neque sibi homines feros ac barbaros temperaturos existimabat quin, cum omnem Galliam occupavissent, […], in provinciam exirent atque inde in Italiam contenderent (d.b.G.I, 33)
B) Cesare parlando di Ariovisto ,i re degli Svevi,lo presenta nel modo che segue:
Ariovistum […] superbe et crudeliter imperare, obsides nobilissimi cuiusque liberos poscere et in eos omnia exempla cruciatusque edere, si qua res non ad nutum aut ad voluntatem eius facta sit. Hominem esse barbarum, iracundum, temerarium; non posse eius imperia diutius sustinere [d.b.G. I, 31]
Steep 3 HOSTIS, HOSTIS
La parola hostis, -is (m.) deriva da una radice indoeuropea che ha originato parole in varie lingue; ne è un esempio l'inglese ghost (fantasma, inteso come straniero, appartenente a un mondo altro).
Hostis indica "straniero che porta guerra" e si contrappone a civis, civis (m.), cittadino, concittadino.
Dal sostantivo hostis deriva l'aggettivo hostilis, hostile (ostile), da cui deriva l'italiano "ostile".
TESTI
A) In un drammatico momento del De bello Gallico, Cesare prende personalmente il comando della battaglia
Caesar primo et propter multitudinem hostium et propter eximiam opinionem virtutis proelio supersedere statuit; cotidie tamen equestribus proeliis quid hostis virtute posset et quid nostri auderent periclitabatur.
B) Dopo la presa di Bola, località del Lazio, il comandante Postumio, pur avendo promesso il bottino ai soldati, se ne appropria volgendosi contro di loro.
Deinde ab hostibus in cives certamen vertit et cum inter oppugnationem praedam militis fore edixisset, capto oppido fidem mutavit ( Livio, IV, 49).
C) Nella quarta Philippica, Cicerone definisce hostis "colui contro il quale sono state prese legittimamente le armi": in questo caso, Antonio. Il discorso fu scritto nel tormentato periodo seguito alla morte di Cesare, quando Cicerone si schierò accanto a Ottaviano, scagliandosi contro Antonio.
Hodierno enim die, Quirites, […] fundamenta iacta sunt reliquarum actionum: nam est hostis nondum verbo appellatus sed re iam iudicatus Antonius. Nunc vero multo sum erectior quod vos quoque illum hostem esse tanto consensu tantoque clamore approbavistis. Neque enim, Quirites, fieri potest ut non aut ii sint impii qui contra consulem exercitum comparaverunt, aut ille hostis, contra quem iure arma sumpta sunt (Philippica IV, 1)
D) Nel poema epico De bello Gothico, Claudiano, un poeta della tarda latinità, celebra la vittoria riportata nel 402 contro Alarico, re dei Goti, dal generale vandalo Stilicone, che combatté al servizio prima dell'imperatore Teodosio e poi dei suoi eredi Arcadio, augusto di Oriente, e Onorio, augusto di Occidente.
Aspice, Roma, tuum iam vertice celsior hostem,
aspice, quam rarum referens inglorius agmen
Italia detrusus est quantumque priori
Dissimilis, qui cuncta sibi cesura ruenti
pollicitus patrii numen iuraverat Histri
non nisi calcatis loricam ponere rostris.
O rerum fatique vices!
Hoc quoque, quod veniam leti valuere mereri,
sic positis pendas odiis: ignoscere pulchrum
iam misero poenaeque genus vidisse precantem.
Quae vindicta prior quam cum formido superbos
flectit et assuetum spoliis affligit egestas?
Solleva la fronte, o Roma, guarda il tuo nemico,
guarda come umiliato raduna le disperse schiere
e respinto abbandona l'Italia, così diverso dal suo aspetto di un tempo,
quando deciso a travolgere tutto con l'impeto,
aveva giurato per il dio del Danubio di non deporre le armi
se non nel Foro espugnato.
O vicende degli eventi e del fato!
E anche il fatto che ottennero il condono della morte,
se senza odio lo giudichi, vedi che è bello
essere clemente con chi ormai è miserando,
e che è già un castigo vederlo supplice.
Quale vendetta è migliore di quando il terrore piega i superbi
e il bisogno assilla chi è avvezzo al bottino?
(Trad. di F. Serpa, Rizzoli, Milano, 1981)
Maccari: Catilina è accusato da Cicerone nel senato
Steep 4 ALTRE PAROLE PER INDICARE I NEMICI
Il termine hostis non è l'unica parola latina con il significato di "nemico". I Romani infatti avevano diverse parole per esprimere tale concetto: oltre a hostis, che come abbiamo visto indica il nemico straniero, usavano
adversarius, adversarii (m.) (da adversus, " di fronte, contro") per indicare l'avversario, il rivale, l'emulo
inimicus, inimici (m.) (da in-amicus, "non amico") per indicare il nemico personale.
TESTI
A) In seguito alla tracotanza di Postumio, i tribuni della plebe provocano delle agitazioni in Roma. Si contrappongono così rappresentanti dei patrizi e dei plebei, che sono fra loro adversarii. Riportiamo la risposta del tribuno a Postumio.
"Auditis" inquit, "Quirites, sicut servis malum minantem militibus? Tamen haec belua dignior vobis tanto honore videbitur quam qui vos urbe agrisque donatos in colonias mittunt, qui sedem senectuti vestrae prospiciunt, qui pro vestris commodis adversus tam crudeles superbosque adversarios depugnant? " (Livio, IV, 49).
B) Nel capitolo finale del De coniuratione Catilinae, Sallustio presenta la drammatica visione del campo sul quale si è combattuto la scontro fratricida tra l'esercito romano e le truppe di Catilina, il dissidente che ha invano tentato di rovesciare lo stato romano con una sanguinosa congiura. Aggirandosi in cerca di bottino tra i cadaveri dei nemici, i vincitori trovano i corpi di amici, parenti, nemici.
Multi autem, qui e castris visundi aut spoliandi gratia processerant, volventes hostilia cadavera, amicum alii, pars hospitem aut cognatum reperiebant; fuere item qui inimicos suos cognoscerent. Ita varie per omnem exercitum laetitia, maeror, luctus atque gaudia agitabantur (d.c.C. 61)
Il termine hostis non è l'unica parola latina con il significato di "nemico". I Romani infatti avevano diverse parole per esprimere tale concetto: oltre a hostis, che come abbiamo visto indica il nemico straniero, usavano
adversarius, adversarii (m.) (da adversus, " di fronte, contro") per indicare l'avversario, il rivale, l'emulo
inimicus, inimici (m.) (da in-amicus, "non amico") per indicare il nemico personale.
TESTI
A) In seguito alla tracotanza di Postumio, i tribuni della plebe provocano delle agitazioni in Roma. Si contrappongono così rappresentanti dei patrizi e dei plebei, che sono fra loro adversarii. Riportiamo la risposta del tribuno a Postumio.
"Auditis" inquit, "Quirites, sicut servis malum minantem militibus? Tamen haec belua dignior vobis tanto honore videbitur quam qui vos urbe agrisque donatos in colonias mittunt, qui sedem senectuti vestrae prospiciunt, qui pro vestris commodis adversus tam crudeles superbosque adversarios depugnant? " (Livio, IV, 49).
B) Nel capitolo finale del De coniuratione Catilinae, Sallustio presenta la drammatica visione del campo sul quale si è combattuto la scontro fratricida tra l'esercito romano e le truppe di Catilina, il dissidente che ha invano tentato di rovesciare lo stato romano con una sanguinosa congiura. Aggirandosi in cerca di bottino tra i cadaveri dei nemici, i vincitori trovano i corpi di amici, parenti, nemici.
Multi autem, qui e castris visundi aut spoliandi gratia processerant, volventes hostilia cadavera, amicum alii, pars hospitem aut cognatum reperiebant; fuere item qui inimicos suos cognoscerent. Ita varie per omnem exercitum laetitia, maeror, luctus atque gaudia agitabantur (d.c.C. 61)
Steep 5 Peregrinus, Peregrini
La Parola peregrinus,-i (m.) Derivati Dal verbo peragrare Che significa "attraversare, percorrere, visitare".
Peregrinus indica Lo Straniero Che "viene da fuori" e SI contrappone Uno indigenus, indigeni (m.), indigeno, Chi è nato Certo Luogo delle Nazioni Unite.
Il sostantivo peregrinus ENTRO tutt'altro Parte del Linguaggio Giuridico, con il significato di "forestiero domiciliato NEL Territorio romano". I peregrini erano Liberi ma non godevano del Diritto di Cittadinanza Né di alcun Diritto civile. I Loro Rapporti con i Cittadini romani erano regolati Dal praetor peregrinus, Magistrato delle Nazioni Unite Incaricato di arbitrare le vertenze Che li riguardano e di risolvere i Problemi posti Dalla Loro Presenza. Il NUMERO dei peregrini diminuì notevolmente dell'ETA imperiale, con l'Estensione del Diritto di Cittadinanza.
Dell'ETA medievale, Il Termine passo ad AUTOFR Il Viaggiatore per Motivi Religiosi: il pellegrino.
TESTI
A) Un Articolo del Codice di Ulpiano, giurista del II sec. d. C., prescrive Che il matrimonio fra Cittadini romani e peregrini richieda delle Nazioni Unite apposito Permesso.
Conubium habent cives Romani cum civibus Romanis; cum autem et Latini peregrinis ita, SI concessum sit (Digesto, 5, 4)
B) Non Si Sa in epoca Pasquale La Parola peregrinus depose il significato di "Straniero Senza Diritto di Cittadinanza" per Acquistare quello di "pellegrino", cioe di Viaggiatore Diretto Uno delle Nazioni Unite Luogo sacro. Il Termine e ampiamente Attestato in this DOPO Senso la prima crociata (1096-1099). Tra le opere dedicate ai Pellegrinaggi, la Più Famosa e FORSE il Liber Sancti Jacobi, Una Raccolta di testi di varia datazione, dall'inizio del XII alla Metà del Secolo XIII, Che Tratta del Culto di San Giacomo e dell'itinerario per il santuario di Santiago di Compostela, Ancora Oggi meta di pellegrini da ogni Parte del Mondo.
Sancti Jacobi peregrini, sive pauperes divites SIVE, iure recipiendi sunt, et diligentr procurandi [Liber Sancti Jacobi, 5]
La Parola peregrinus,-i (m.) Derivati Dal verbo peragrare Che significa "attraversare, percorrere, visitare".
Peregrinus indica Lo Straniero Che "viene da fuori" e SI contrappone Uno indigenus, indigeni (m.), indigeno, Chi è nato Certo Luogo delle Nazioni Unite.
Il sostantivo peregrinus ENTRO tutt'altro Parte del Linguaggio Giuridico, con il significato di "forestiero domiciliato NEL Territorio romano". I peregrini erano Liberi ma non godevano del Diritto di Cittadinanza Né di alcun Diritto civile. I Loro Rapporti con i Cittadini romani erano regolati Dal praetor peregrinus, Magistrato delle Nazioni Unite Incaricato di arbitrare le vertenze Che li riguardano e di risolvere i Problemi posti Dalla Loro Presenza. Il NUMERO dei peregrini diminuì notevolmente dell'ETA imperiale, con l'Estensione del Diritto di Cittadinanza.
Dell'ETA medievale, Il Termine passo ad AUTOFR Il Viaggiatore per Motivi Religiosi: il pellegrino.
TESTI
A) Un Articolo del Codice di Ulpiano, giurista del II sec. d. C., prescrive Che il matrimonio fra Cittadini romani e peregrini richieda delle Nazioni Unite apposito Permesso.
Conubium habent cives Romani cum civibus Romanis; cum autem et Latini peregrinis ita, SI concessum sit (Digesto, 5, 4)
B) Non Si Sa in epoca Pasquale La Parola peregrinus depose il significato di "Straniero Senza Diritto di Cittadinanza" per Acquistare quello di "pellegrino", cioe di Viaggiatore Diretto Uno delle Nazioni Unite Luogo sacro. Il Termine e ampiamente Attestato in this DOPO Senso la prima crociata (1096-1099). Tra le opere dedicate ai Pellegrinaggi, la Più Famosa e FORSE il Liber Sancti Jacobi, Una Raccolta di testi di varia datazione, dall'inizio del XII alla Metà del Secolo XIII, Che Tratta del Culto di San Giacomo e dell'itinerario per il santuario di Santiago di Compostela, Ancora Oggi meta di pellegrini da ogni Parte del Mondo.
Sancti Jacobi peregrini, sive pauperes divites SIVE, iure recipiendi sunt, et diligentr procurandi [Liber Sancti Jacobi, 5]
Step 6 L'etnocentrismo di Cesare
GALLI
De bello Gallico, VI,13
[1] In omni Gallia eorum hominum, qui aliquo sunt numero atque honore, genera sunt duo. Nam plebes paene servorum habetur loco, quae nihil audet per se, nullo adhibetur consilio. [2] Plerique, cum aut aere alieno aut magnitudine tributorum aut iniuria potentiorum premuntur, sese in servitutem dicant nobilibus, quibus in hos eadem omnia sunt iura, quae dominis in servos. [3] Sed de his duobus generibus alterum est druidum, alterum equitum. [4] Illi rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant, religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore. [5] Nam fere de omnibus controversiis publicis privatisque constituunt, et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque constituunt; [6] si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis interdicunt. Haec poena apud eos est gravissima. [7] Quibus ita est interdictum, hi numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius redditur neque honos ullus communicatur. [8] His autem omnibus druidibus praeest unus, qui summam inter eos habet auctoritatem. [9] Hoc mortuo, aut si qui ex reliquis excellit dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, non numquam etiam armis de principatu contendunt. [10] Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique qui controversias habent conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent. [11 ]Disciplina in Britannia reperta atque inde in Galliam translata esse existimatur, [12] et nunc, qui diligentius eam rem cognoscere volunt, plerumque illo discendi causa proficiscuntur.ai clic qui per effettuare modifiche.
[1] In omni Gallia eorum hominum, qui aliquo sunt numero atque honore, genera sunt duo. Nam plebes paene servorum habetur loco, quae nihil audet per se, nullo adhibetur consilio. [2] Plerique, cum aut aere alieno aut magnitudine tributorum aut iniuria potentiorum premuntur, sese in servitutem dicant nobilibus, quibus in hos eadem omnia sunt iura, quae dominis in servos. [3] Sed de his duobus generibus alterum est druidum, alterum equitum. [4] Illi rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant, religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore. [5] Nam fere de omnibus controversiis publicis privatisque constituunt, et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque constituunt; [6] si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis interdicunt. Haec poena apud eos est gravissima. [7] Quibus ita est interdictum, hi numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius redditur neque honos ullus communicatur. [8] His autem omnibus druidibus praeest unus, qui summam inter eos habet auctoritatem. [9] Hoc mortuo, aut si qui ex reliquis excellit dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, non numquam etiam armis de principatu contendunt. [10] Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique qui controversias habent conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent. [11 ]Disciplina in Britannia reperta atque inde in Galliam translata esse existimatur, [12] et nunc, qui diligentius eam rem cognoscere volunt, plerumque illo discendi causa proficiscuntur.ai clic qui per effettuare modifiche.
BRITANNI
De bello Gallico, V, 14
[1] Ex his omnibus longe sunt humanissimi qui Cantium incolunt, quae regio est maritima omnis, neque multum a Gallica differunt consuetudine. [2] Interiores plerique frumenta non serunt, sed lacte et carne vivunt pellibusque sunt vestiti. [3] Omnes vero se Britanni vitro inficiunt, quod caeruleum efficit colorem, atque hoc horribiliores sunt in pugna aspectu; capilloque sunt promisso atque omni parte corporis rasa praeter caput et labrum superius. [4] Uxores habent deni duodenique inter se communes et maxime fratres cum fratribus parentesque cum liberis; sed si qui sunt ex his nati, eorum habentur liberi, quo primum virgo quaeque deducta est.ic qui per effettuare modifiche.
[1] Ex his omnibus longe sunt humanissimi qui Cantium incolunt, quae regio est maritima omnis, neque multum a Gallica differunt consuetudine. [2] Interiores plerique frumenta non serunt, sed lacte et carne vivunt pellibusque sunt vestiti. [3] Omnes vero se Britanni vitro inficiunt, quod caeruleum efficit colorem, atque hoc horribiliores sunt in pugna aspectu; capilloque sunt promisso atque omni parte corporis rasa praeter caput et labrum superius. [4] Uxores habent deni duodenique inter se communes et maxime fratres cum fratribus parentesque cum liberis; sed si qui sunt ex his nati, eorum habentur liberi, quo primum virgo quaeque deducta est.ic qui per effettuare modifiche.
GERMANI
De bello Gallico, VI, 21-22 (1-2)
[21,1] Germani multum ab hac consuetudine differunt. Nam neque druides habent, qui rebus divinis praesint, neque sacrificiis student. [2] Deorum numero eos solos ducunt, quos cernunt et quorum aperte opibus iuvantur, Solem et Vulcanum et Lunam; reliquos ne fama quidem acceperunt. [3] Vita omnis in venationibus atque in studiis rei militaris consistit: ab parvulis labori ac duritiae student. [4] Qui diutissime impuberes permanserunt, maximam inter suos ferunt laudem: hoc ali staturam, ali vires nervosque confirmari putant. [5] Intra annum vero vicesimum feminae notitiam habuisse in turpissimis habent rebus; cuius rei nulla est occultatio, quod et promiscue in fluminibus perluuntur et pellibus aut parvis renonum tegimentis utuntur magna corporis parte nuda.
[22,1] Agri culturae non student, maiorque pars eorum victus in lacte, caseo, carne consistit .[2] Neque quisquam agri modum certum aut fines habet proprios,, sed magistratus ac principes in annos singulos gentibus cognationibusque hominum, qui una coierum, quantum et quo loco visum est agri, adtribuunt atque anno post alio transire cogunt.Fai clic qui per effettuare modifiche.
[21,1] Germani multum ab hac consuetudine differunt. Nam neque druides habent, qui rebus divinis praesint, neque sacrificiis student. [2] Deorum numero eos solos ducunt, quos cernunt et quorum aperte opibus iuvantur, Solem et Vulcanum et Lunam; reliquos ne fama quidem acceperunt. [3] Vita omnis in venationibus atque in studiis rei militaris consistit: ab parvulis labori ac duritiae student. [4] Qui diutissime impuberes permanserunt, maximam inter suos ferunt laudem: hoc ali staturam, ali vires nervosque confirmari putant. [5] Intra annum vero vicesimum feminae notitiam habuisse in turpissimis habent rebus; cuius rei nulla est occultatio, quod et promiscue in fluminibus perluuntur et pellibus aut parvis renonum tegimentis utuntur magna corporis parte nuda.
[22,1] Agri culturae non student, maiorque pars eorum victus in lacte, caseo, carne consistit .[2] Neque quisquam agri modum certum aut fines habet proprios,, sed magistratus ac principes in annos singulos gentibus cognationibusque hominum, qui una coierum, quantum et quo loco visum est agri, adtribuunt atque anno post alio transire cogunt.Fai clic qui per effettuare modifiche.
Step 7 L' approccio multiculturale di Cornelio Nepote
De viris illustribus Praefatio
Non dubito fore plerosque, Attice, qui hoc genus scripturae leve et non satis dignum summorum virorum personis iudicent, cum relatum legent, quis musicam docuerit Epaminondam, aut in eius virtutibus commemorari saltasse eum commode scienterque tibiis cantasse. 2 Sed hi erunt fere, qui expertes litterarum Graecarum nihil rectum, nisi quod ipsorum moribus conveniat, putabunt. 3 Hi si didicerint non eadem omnibus esse honesta atque turpia, sed omnia maiorum institutis iudicari, non admirabuntur nos in Graiorum virtutibus exponendis mores eorum secutos.Neque enim Cimoni fuit turpe, Atheniensium summo viro, sororem germanam habere in matrimonio, quippe cum cives eius eodem uterentur instituto. At id quidem nostris moribus nefas habetur. Laudi in Creta ducitur adulescentulis quam plurimos habuisse amatores. Nulla Lacedaemoni vidua tam est nobilis, quae non ad cenam eat mercede conducta. 5 Magnis in laudibus tota fere fuit Graecia victorem Olympiae citari; in scaenam vero prodire ac populo esse spectaculo nemini in eisdem gentibus fuit turpitudini. Quae omnia apud nos partim infamia, partim humilia atque ab honestate remota ponuntur. 6 Contra ea pleraque nostris moribus sunt decora, quae apud illos turpia putantur. Quem enim Romanorum pudet uxorem ducere in convivium? Aut cuius non mater familias primum locum tenet aedium atque in celebritate versatur? 7 Quod multo fit aliter in Graecia. Nam neque in convivium adhibetur nisi propinquorum, neque sedet nisi in interiore parte aedium, quae gynaeconitis appellatur; quo nemo accedit nisi propinqua cognatione coniunctus. 8 Sed hic plura persequi cum magnitudo voluminis prohibet tum festinatio, ut ea explicem, quae exorsus sum. Quare ad propositum veniemus et in hoc exponemus libro de vita excellentium imperatorum.
Step 8 Barbari an humanissima gens?
Più difficile Ancora Una Volta Scoperto il Nuovo Mondo, era vederlo, Capire Che era Nuovo, Tutto Nuovo, Diverso da Tutto cio Che ci SI era Semper aspettati di trovare venire Nuovo ... "
Italo Calvino
AMERIGO VESPUCCI: Mundus Novus (con Tagli)
Quanto Imprimamente adonque delle Nazioni Unite, le Gente, in Quelli PAESI Tanta Gente de Moltitudine havemo retrovato, quanti niuno dinurnerare poteria, vieni in leze se lo Apocalipsi, Gente, dico, mansueta et tractahile. Et tuti de l'Uno et l'altzo sexo vanno nudi, Nima Parte del Corpo coverti e como Dal ventre de la matre sonno usiti, intina Così vanno a la morte. Hanno Corpi Grandi, inquadrati, ben disposti et proportionati, et de colore a la declinante roscieza, la qual Cosa Uno Quelli intervegnire Penso, perche nudi Andando sonno Tenti dal Sole. Et Hanno i cavilli ampli et Nigri. Sonno in NEL Andare in et ne li zochi agile, et de una liberale et venusta Faza, la Quale ESSI medemi la destruzeno, imperochè se Forano le galte et le Labre et le narize et le orechie, et non Credere Quelli forami esser pizoli o vero Che Uno Solamente ne habiano, Che assai Ho visto i Quali Annone, Solamente in la Faza, Forame, Quali cadauno de i Capece era de Uno suzino;. et stroppano Questi, ESSI, forami cum piere cerulee, marmoree, cristallie et d'alabastro belidissimi, et cum ossi bianchissimi et Altre Cose artificiosamente lavorate Secondo el Suo USO Un Altro costume apresso de Quelli assai Enorme et fora de ogni humana creduliti, perche le moglier Loro essendo libidinose, Fanno sgionfare li membri dei Loro Mariti in Tanta groseza Che Deforme pareno et Bruti, et cum questo Suo Uno Certo artificio et de mordicationem Certificato Animali venenosi; et al Causa de Questa Pagina Cosa molti Deloro lo perdano et restano eunuchi. Non Hanno Né panni de lana de lino, ni anche bombachi, perche non de quilli Hanno Bisogno. Ne Hanno anche Beni propri, ma tute le glucosio Sonno Comuni. Viveno Insieme senzare, Imperio Senza, et cadauno de se mandesmo e signore. Tante mogliere menano Quante Vogliano. Viveno Secondo la natura, et epicurei Più presto dir se Passano Che stoici. Non Sono infra de Loro mercadanti, neanche Mercati de glucosio. I populi infra de Loro combateno Senza arte ORDENE Senza et. I vecchi cum Certe Sue peroratione i zoveni piegano Uno quello Che Loro Vogliano Uno et le Battaglie li incendeno, in Le Pasquale crudelmente Insieme se amazano; e Quali i quilli de la battaglia Captivi menano, non de la vita, ma del Suo Victo per casione de esser amazati li servano; Perchè li altri l'Altre et altera parte i vencitori i venti Manzano, et infra le Venne la humana E a Quelli communo Cibo. Le Sue arme sonno l'arco et le saette; et quando se delle Nazioni Unite affrontano le bataglie, coverzeno niuna Parte del Corpo per defenderse, in tal Modo Che Hanno delle Nazioni Unite in questo le bestie similitudine Viveno Anni 150 et rare Volte se amalano, et si in qualche Adversa egritudine incorreno, se medesimi cum Certe Radice de herbe se sanano . L'aire elli assai temperato et bono. Se delectano de Pescare;. et que1 mare e Molto acto Uno Pescare, perche de ogni generatione de pesce e copioso Non sonno caciatori, Penso di Perché essendo di de molte Generazioni De Silvestri Animali, et maxime et de Lioni ursi et de innumerabili serpenti et de Quelle horride et Deforme bestie, etiam Perchè ll sonno grandissime selve et de Immensa Grandeza Arbori, non Annone ardire et Senza nudi coprimenti alcuni et arme exponersi Uno Pericoli Tanti. De Quelli PAESI La terra e Molto fertile et amena et de molti colli, monti et Infinita valle et de grandissimi Fiumi Abundante, irrigua, et de largissime selve et dense et apena penetrabile, et de ogni generatione de Fere copiosamente Piena. Nisiuna generatione de metallo se lì trovano, excepto Che oro , del qual Quelli PAESI se abundano, abenchi niente de quello cum nui habiamo Portato prima in questa pagina Nostra Navigatione. Et de questo noto ne fereno li habitanti, i Quali ne affirmavano infra la terra esser grandissima Abbondanza de oro, et niente da Loro esser existimato overo in Pretio hauto. E certamente SI el Paradiso terestro in qualche Parte de la terra SIA, non da Lontano Quelli PAESI esser Distante existimo.
Italo Calvino
AMERIGO VESPUCCI: Mundus Novus (con Tagli)
Quanto Imprimamente adonque delle Nazioni Unite, le Gente, in Quelli PAESI Tanta Gente de Moltitudine havemo retrovato, quanti niuno dinurnerare poteria, vieni in leze se lo Apocalipsi, Gente, dico, mansueta et tractahile. Et tuti de l'Uno et l'altzo sexo vanno nudi, Nima Parte del Corpo coverti e como Dal ventre de la matre sonno usiti, intina Così vanno a la morte. Hanno Corpi Grandi, inquadrati, ben disposti et proportionati, et de colore a la declinante roscieza, la qual Cosa Uno Quelli intervegnire Penso, perche nudi Andando sonno Tenti dal Sole. Et Hanno i cavilli ampli et Nigri. Sonno in NEL Andare in et ne li zochi agile, et de una liberale et venusta Faza, la Quale ESSI medemi la destruzeno, imperochè se Forano le galte et le Labre et le narize et le orechie, et non Credere Quelli forami esser pizoli o vero Che Uno Solamente ne habiano, Che assai Ho visto i Quali Annone, Solamente in la Faza, Forame, Quali cadauno de i Capece era de Uno suzino;. et stroppano Questi, ESSI, forami cum piere cerulee, marmoree, cristallie et d'alabastro belidissimi, et cum ossi bianchissimi et Altre Cose artificiosamente lavorate Secondo el Suo USO Un Altro costume apresso de Quelli assai Enorme et fora de ogni humana creduliti, perche le moglier Loro essendo libidinose, Fanno sgionfare li membri dei Loro Mariti in Tanta groseza Che Deforme pareno et Bruti, et cum questo Suo Uno Certo artificio et de mordicationem Certificato Animali venenosi; et al Causa de Questa Pagina Cosa molti Deloro lo perdano et restano eunuchi. Non Hanno Né panni de lana de lino, ni anche bombachi, perche non de quilli Hanno Bisogno. Ne Hanno anche Beni propri, ma tute le glucosio Sonno Comuni. Viveno Insieme senzare, Imperio Senza, et cadauno de se mandesmo e signore. Tante mogliere menano Quante Vogliano. Viveno Secondo la natura, et epicurei Più presto dir se Passano Che stoici. Non Sono infra de Loro mercadanti, neanche Mercati de glucosio. I populi infra de Loro combateno Senza arte ORDENE Senza et. I vecchi cum Certe Sue peroratione i zoveni piegano Uno quello Che Loro Vogliano Uno et le Battaglie li incendeno, in Le Pasquale crudelmente Insieme se amazano; e Quali i quilli de la battaglia Captivi menano, non de la vita, ma del Suo Victo per casione de esser amazati li servano; Perchè li altri l'Altre et altera parte i vencitori i venti Manzano, et infra le Venne la humana E a Quelli communo Cibo. Le Sue arme sonno l'arco et le saette; et quando se delle Nazioni Unite affrontano le bataglie, coverzeno niuna Parte del Corpo per defenderse, in tal Modo Che Hanno delle Nazioni Unite in questo le bestie similitudine Viveno Anni 150 et rare Volte se amalano, et si in qualche Adversa egritudine incorreno, se medesimi cum Certe Radice de herbe se sanano . L'aire elli assai temperato et bono. Se delectano de Pescare;. et que1 mare e Molto acto Uno Pescare, perche de ogni generatione de pesce e copioso Non sonno caciatori, Penso di Perché essendo di de molte Generazioni De Silvestri Animali, et maxime et de Lioni ursi et de innumerabili serpenti et de Quelle horride et Deforme bestie, etiam Perchè ll sonno grandissime selve et de Immensa Grandeza Arbori, non Annone ardire et Senza nudi coprimenti alcuni et arme exponersi Uno Pericoli Tanti. De Quelli PAESI La terra e Molto fertile et amena et de molti colli, monti et Infinita valle et de grandissimi Fiumi Abundante, irrigua, et de largissime selve et dense et apena penetrabile, et de ogni generatione de Fere copiosamente Piena. Nisiuna generatione de metallo se lì trovano, excepto Che oro , del qual Quelli PAESI se abundano, abenchi niente de quello cum nui habiamo Portato prima in questa pagina Nostra Navigatione. Et de questo noto ne fereno li habitanti, i Quali ne affirmavano infra la terra esser grandissima Abbondanza de oro, et niente da Loro esser existimato overo in Pretio hauto. E certamente SI el Paradiso terestro in qualche Parte de la terra SIA, non da Lontano Quelli PAESI esser Distante existimo.